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Itinerari Veronesi La Pieve di S. Floriano


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01 gennaio 1970

a cura di Gianni Villani

 

Chi si avventura per una gita in Valpolicella non può non fermarsi a visitare la Pieve di S. Floriano, un insigne monumento dell’arte romanica veronese, sovrastante un edificio sacro dell’epoca imperiale, probabilmente come dice la leggenda dedicato a Flora. Lo si può desumere già dalla facciata della pieve, dove sullo spigolo anteriore sinistro figurano i resti di un’ara pagana con alcuni simboli sacrificali: l’anfora, il coltello, il piatto delle offerte. E sul lato destro, dove c’è un elemento ornamentale con due grifi rampanti e sul basamento di un pilastro quadrato la scure bipenne, arma sacra usata nei riti religiosi della tauromachia. All’inizio del chiostro, un capitello corinzio e altri massi nella base del campanile con il caratteristico incavo a coda di rondine che non hanno niente da spartire con le esigenze della torre-campanile di cui fanno parte.

Tutti gli elementi venuti alla luce fanno risalire la chiesa alla fine del secolo VIII, quando si conclude il dominio longobardo e inizia quello franco, anche se un incauto intervento del 1743 diede un impronta barocca al tempio. Appena entrati in chiesa si può notare un ornamento notevole sul primo pilastro di sinistra, sovrastante il lavello di acqua benedetta, un secondo sulla seconda colonna ed un terzo sopra la terza, così come sono della prima chiesa cristiana i fregi racchiusi tra le volte e il tetto del chiostro e il muro a nord (formato di piccoli sassi non squadrati) verso la strada della Valpolicella e il tratto di abside tra il campanile e la sacrestia.

Sul lato sud risultano solo tre costoloni corrispondenti all’interno della chiesa, al centro dei tre grandi pilastri che si alternano alle colonne. Questi costoloni, demoliti per la costruzione del chiostro, hanno lasciato un segno evidente nella parete e continuano intatti nella parte sopra le volte fino al tetto. Sul lato nord ce ne sono invece quattro in un tratto più breve, cioè dalla facciata fino alla torre. Di questi è stato lasciato in piedi solo quello che in qualche modo corrisponde al secondo pilastro, mentre gli altri sono stati demoliti. Questo può essere un elemento decisivo per l’anteriorità di quel muro e indicativo della forma della prima chiesa cristiana. Nel 1960, durante i lavori alla canonica, è venuta alla luce l’unica scritta originale che sia stato possibile trovare fino ad oggi, scolpita in maniera semplice, e che potrebbe indicare il costruttore della chiesa o il suo committente: S (?). TRO LEVAT/ISTA PLEBE CU/SUIS DISCI/PULIS. Il nome iniziale S non è chiaro per una scalfittura della pietra, ma potrebbe corrispondere a Silvestro (Silvestro eleva questa pieve con i suoi discepoli). Il tetto della chiesa era formato da capriate in legno, legate da una travatura minore ben squadrata di larice e ricoperto da tavole ben connesse, con le fessure ricoperte da listelli decorati. In gran parte questo tetto ligneo esiste tuttora sopra le volte. Le tre navate sono suddivise da pilastri e colonne alternate e sormontate da arcate in conci di tufo. Sugli altari laterali, degna di nota, la statua lignea della Madonna di origine quattrocentesca, ritoccata sul volto in epoca barocca con un Bambino non originale. Nella navata di destra, l’altare di S. Floriano, con pala ad olio del santo, di S. Apollonia, S. Chiara e la Vergine, opera di Francesco Barbieri.

L’altare dedicato ai protettori contro la peste (S. Sebastiano e S. Rocco) è stato occupato dal un gruppo ligneo di scarso valore artistico, raffigurante la Deposizione dalla croce. Al termine della navata l’altare del Rosario con tela della scuola del Brusasorzi e con colonne ricoperte di stucco a fuoco. La lapide a fianco della porta maggiore, verso l’altare del Rosario, è ad esso riferita e dice: LECTOR7SCITO HANC ARAM/ER.m/ET DOT.am/PATRONOS VOLUIT ARCHP:M s:AE cong:S, ecc.  (Lettore, sappi che questo altare fu dedicato alla Beata Vergine della Misericordia e dotato da Giovanni de Occhis arciprete nell’anno 1431. Di questo egli volle come patroni il cappellano della Sacra Congregazione con un voto, i quattro primiceri con un altro voto e l’arciprete di S. Floriano con un terzo voto. Questa giurisdizione, usurpata per più di 14 lustri l’arciprete Pietro Peretti restituì a proprie spese per via giudiziaria dopo i primi giorni di agosto1736). All’altro lato della porta maggiore si trova un’ulteriore scritta dello stesso arciprete Peretti in cui viene indicata la data della costruzione della chiesa nell’anno 232 (errore del lapicida o dell’arciprete ?).

Proseguendo nella navata di sinistra si nota una vasca monoblocco in marmo rosso, poi l’altare della Confraternita del Santissimo con una bella pala, La Comunione degli Apostoli di Gio Battista Lanceni, l’altare dei SS. Lorenzo e Lucia, opera di ignoto e un altare con le immagini della Madonna, S. Giuseppe e S. Antonio di Giovanni Ceffis. Il presbiterio venne interamente trasformato nel 1904, demolite le volte a vela incrociata, aggiunta l’abside, costruita una lunga volta a botte con catino finale e messo in sede il quadro di S. Floriano di Viscardo Cartòn. Da osservare i lampadari pensili dai sottarchi in ferro battuto e catini di rame sbalzato, opera di Berto da Cogolo. Sul lato sud, c’è una Crocifissione a fresco del secolo XIV con resti di altri affreschi perduti e il bel chiostro fatto costruire dall’arciprete Cristoforo Dionisi nel 1608. La possente torre esterna pare un elemento di fortezza in epoca molto antica e venne ultimata nella parte in tufo e cotto come campanile, che bene si intona con la costruzione attuale.

Dietro la tela de La Comunione degli Apostoli, apparve durante alcuni lavori, un bellissimo affresco in ottimo stato di conservazione, bene inquadrato nella struttura marmorea dell’altare. L’affresco porta nel centro l’immagine di un santo eremita (forse S. Antonio abate) affiancato da S. Cristoforo con Bambino Gesù in spalla, mentre esce dalle onde del fiume e dall’altra parte da una Vergine Martire. Alle sue spalle una figura femminile e il Demonio che lo minaccia con un grosso bastone alzato, mentre in alto un angelo lo incita a ricevere la corona di gloria: “accipe coronam gloriae”.

I santi che portano il nome di Floriano sono almeno tre. Il primo  fu uno dei 60 soldati martirizzati dai Saraceni in Palestina nell’anno 638. E’ venerato a Bologna e altrove (martirologio romano 17 dicembre). Il secondo è uno del gruppo di martiri che fanno capo a Yuciano, bruciati vivi a Nicomedia in Bitinia nel 250 e venerati in Spagna il 26 ottobre. S. Floriano, martire nel Norico del 304, è quello invece venerato in questa pieve.

(Gianni Villani)

 

Nella foto San Pietro in Cariano (Vr), Pieve di San Floriano.

San Floriano



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